Non potevamo crederci eppure quell’indice di fertilità ci condannava a rimanere genitori di cuore per sempre. Fu un vero tsunami nella nostra vita; seguirono giorni di rabbia silenziosa e di disperazione urlata. Non poteva essere così, non chiedavamo altro che dar corso alla natura. Dopo aver parlato con i medici che ci seguivano, contattammo il centro di procreazione assistita senza ben sapere cosa fare o cosa dire e ci recammo al consulto carichi di aspettative, paure e domande. Il medico ci mise poco a conviverci ed iniziammo il doloroso percorso dell’ICSI. Confesso che non ero pronta ad affrontare le conseguenze di una stimolazione ovarica né psicogicamente né fisicamente. Per ben cinque cicli di tentativi le beta furono negative; la nostra sofferenza aumentava mentre le speranze si affievolivano ad ogni referto negativo. I pensieri si affastellavano in testa e il corpo cominciava a soffrire per tutti quei tentativi ravvicinati. Finii in ospedale per 10 giorni con una grave sovrastimolazione ovarica, mentre parenti e amici ci pregavano di abbandonare il progetto. Tre mesi dopo un aereo ci portava a Barcellona, saremmo tornati da lì in tre perché un embrione silenzioso e combattivo si era aggrappato alla vita. Oggi nostro figlio ha 12 anni ed è un miracolo vivente