Fiore di Ninfea, per consentire alla tua vita di germogliare nella mia terra brulla, infestata di rovi spinosi, ho intrapreso, a mo’ di uccello migratore, il volo dell’amore.
Dall’alto, mentre tenevo le mie ali spiegate e mi lasciavo portare dal vento, ti ho immaginato come il frutto dell’abbraccio del cielo con il mare, distesi sul talamo dell’orizzonte e trasportato a riva con la spuma delle onde.
Planando, sono arrivata sulla spiaggia e lì ti ho raccolto, in un caldo pomeriggio di Giugno, perla rara, racchiusa in preziosa conchiglia, nascosta tra i coralli e le stelle marine. Ti ho avvolto con il mio corpo, diamante dai mille riflessi, avendo cura di non lasciarti cadere, durante la burrasca del ritorno, mio piccolo Noè.
La tua essenza ha pervaso subito le mie membra, dandomi un inusitato vigore e ti sentito fluire nelle mie vene, come linfa vitale, nata dall’alchimia delle nostre anime. La meravigliosa simbiosi che mi hai donato per 11 settimane ha acceso di fulgidi colori il mondo intorno a noi, fatto solo di ipocrisia ed indifferenza.
Ti ho sentito galoppare nelle praterie del mio cuore, mentre fiero cercavi di ergerti a messaggero d’amore, di speranza, di condivisione. In quel tuo battito, il primo, l’unico, l’ultimo ho percepito tutto l’amore che volevi dare, una volta venuto alla luce, non solo a me e a quei pochi che si sono stretti intorno a noi, ma a tutti quelli che ti avrebbero sfiorato.
Un giorno all’improvviso sono calate le tenebre e tu mio piccolo angelo sei volato via tra mille petali di rosa. Di te, figlio mio, resta il messaggio d’amore che in poco tempo riuscito ad annunciare e la luce che hai lasciato, per sempre, nei miei occhi.