Sono una donna forte

Sono una donna forte, mi dico quando mi guardo allo specchio. Sono sempre stata una bambina molto determinata, cresciuta con un padre assente, una madre super-eroina, una sorella difficile. Non mi sono spaventata quando, a 18 anni, sono andata via di casa per studiare e contemporaneamente ho cominciato una storia (a distanza) con un ragazzo meraviglioso, ma affetto da una grave malattia genetica. Mi sono sempre detta che non è giusto rinunciare a una cosa solo perché sarà difficile, dopotutto io sono consapevole di essere una donna forte.

E così è nata una bellissima storia d’amore, che dura oramai da 13 anni. Non ho vacillato neanche quando ho scoperto che la malattia del mio fidanzato comportava anche una potenziale sterilità e che per poter sperare di avere figli l’unica nostra possibilità sarebbe stata la fecondazione assistita. A 25 anni lui si è sottoposto a una TESE e abbiamo congelato il suo seme. Già, perché nel frattempo gli viene detto che dovrà inserirsi in lista per un doppio trapianto di polmoni. Lì sì che mi sono spaventata, le sue condizioni di salute si stavano aggravando: ho mollato tutto, ho messo da parte la carriera, sono tornata da lui in Italia. Andiamo a convivere, ci sposiamo. Dopo due mesi dal matrimonio, arriva la chiamata, si sottopone all’intervento e fortunatamente tutto va bene. Seguono un paio d’anni faticosi, molto complicati. Ma la sua qualità della vita migliora notevolmente e ci sentiamo enormemente fortunati. Ricevuto il consenso dei medici, decidiamo di cercare di realizzare il sogno che da sempre entrambi coltiviamo e iniziamo finalmente il nostro percorso di PMA.

Ho 29 anni e i dottori mi dicono che non avendo io problemi di fertilità è praticamente impossibile che non rimanga incinta. Primo tentativo, fallito. Riusciamo però a congelare due blastocisti.

Secondo tentativo, un embrione attecchisce. Mi sento la persona più fortunata sulla faccia della terra. Poi, quasi al quarto mese di gravidanza, durante una visita di controllo, le parole che nessuna donna vorrebbe mai sentirsi dire: “Signora, non c’è più battito”.

Da lì, io, donna forte, ho ceduto. è iniziato il periodo più buio della mia vita. Quando mi guardavo allo specchio non mi riconoscevo più: il mio corpo era gonfio e allo stesso tempo vuoto, il viso spento, le lacrime cadevano senza che ne avessi più il controllo. Il mio corpo mi aveva tradito. I sensi di colpa per non essere riuscita proteggere la cosa più cara che avevo, il senso di fallimento, volere solo che fosse solo un brutto sogno. Il vuoto dentro e fuori, perché le persone d’intorno non capivano o per imbarazzo non sapevano come affrontare l’argomento. Nella mia immagine riflessa non vi era più traccia della donna forte che è in me.

Mio marito capisce che c’è qualcosa che non va, che non è solo tristezza, che quella ameba non sono io. Mi porta (anche se inizialmente non ero d’accordo, ma tanto non avevo la forza di oppormi) da una psicologa prima, da una psichiatra poi. Arriva la diagnosi: depressione, in parte dovuta ai bombardamenti ormonali a cui sono stata sottoposta. L’amore incondizionato di mio marito, le parole giuste e una adeguata terapia sono state la mia salvezza.

Ci è voluto un anno e mezzo, ma sono rinata. Ho chiesto aiuto, mi sono curata e mi sono presa il mio tempo. Ho lavorato su me stessa e sul rapporto con mio marito, abbiamo fatto il viaggio di nozze che non avevamo potuto fare a suo tempo date le sue precarie condizioni di salute e, insieme, ci siamo rialzati.

A settembre decidiamo di riprovarci. Terzo tentativo. Sindrome da iperstimolazione ovarica, riesco ad arrivare al pick-up, ma dopo di quello sono costretta a fermarmi di nuovo, per altri due mesi. Dei 18 ovociti prelevati, se ne fecondano “solo” due.

Ho deciso di raccontare la mia storia perché dopodomani, se Dio vuole, dovrei fare finalmente il tanto desiderato transfer dei nostri due preziosissimi ed amatissimi embrioncini. Voglio svuotarmi di tutte le emozioni negative che mi porto dietro da anni, perché gli eventuali bambini che verranno, meritano di avere una mamma forte, che si è buttata alle spalle il passato, che è pronta a dedicarsi solo a loro, senza paure ed apprensioni di cui non hanno colpe.

Dopodomani, prima dell’intervento, mi guarderò allo specchio e mi dirò: sei una donna forte, lo sei sempre stata, se cadrai saprai rialzarti. Non smetterai mai di lottare per la felicità che meriti. Sarai una mamma forte.

Una risposta

  1. Non sai quanto ti capisco petro_nilla. Le tue parole sembra abbiano letto i miei occhi… Mi sento gonfia e allo stesso tempo vuota dopo una fivet positiva e un aborto interno che mi ha devastato qualche settimana fa. Cerco di essere forte per andare avanti ma le lacrime a volte incontrollate rispecchiano tutto il dolore che ho dentro. Ti faccio un grande in bocca al lupo per il vostro percorso, la vostra avventura e la vostra vita! Sei una donna forte!

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