Il mio angelo

Era il 2011 quando ho scoperto per caso di essere incinta, era successo davvero per caso, io e mio marito non cercavamo un bambino, ma non abbiamo mai avuto rapporti protetti, ben coscienti del fatto che se fosse arrivato saremmo stati felici di accoglierlo. Una mattina ho sentito disgusto verso la mia colazione, latte e biscotti, mai successo nemmeno col virus gastrointestinale, ma non ci ho dato peso. Qualche giorno dopo mi accorgo di essere in ritardo, test predictor negativo, rifatto due giorni dopo positivo. Subito non ce ne siamo resi conto, ma poi la gioia si è fatta incontenibile. Questo era un mercoledì, lo ricordo come fosse ieri. Corro da mia madre, che da diversi mesi era in coma a causa di uno stupido incidente. Col cuore in mano le confido che sarebbe diventata nonna, che il suo nipotino avrebbe dovuto conoscerla e le chiesi di tornare da me perchè avrei avuto bisogno del suo appoggio e del suo sostegno. Lei che scherzosamente diceva che nonna non voleva esserlo perchè non voleva invecchiare, dal letto scrutava il vuoto con i suoi occhi stanchi e le mie lacrime di gioia le bagnavano le sue mani rigide e delicate che stavo baciando e stringendo a me. Questo era di mercoledì.

Al sabato mattina mi alzo presto e vado a fare gli esami del sangue per controllare le beta. Al pomeriggio faccio un pisolo e ad un certo punto mi sveglio di soprassalto, gli slip sono macchiati di sangue. Presa dal panico con mio marito andiamo la sera al pronto soccorso ostetrico dove mi fanno un’ecografia interna. Non si vede nulla. Com’è possibile?! Potrebbe essere troppo presto, mi dicono e nel frattempo si fanno mandare l’esito delle beta. 34, sono bassissime. La dottoressa mi dice con schiettezza che quasi sicuramente si tratta di una gravidanza biochimica o una geu. Dovevo ripresentarmi dopo 3 giorni per vedere l’andamento e rifare le beta.

I giorni sono trascorsi con perdite, sempre leggere, ma costanti. L’esito delle beta pero’ è stato inequivocabile, 17. Al pronto soccorso la dottoressa, quando le dissi che a questo punto volevo chiudere il prima possibile, mi diede 3 pastiglie per provocare le contrazioni e pulirmi. Non ricordo di essere mai stata così male, fuori, ma sopratutto dentro. Avevo perso mio padre, nel 2004, mio nonno nel 2008, mia madre nel 2009 è entrata in coma e io nel 2011 ho avuto per un attimo l’illusione di poter generare vita dopo tanta morte intorno e invece no. Non ho neanche visto questo “cucciolo”, forse non è mai neanche realmente esistito, ma per me è stato ed è un lutto, l’ennesimo.

Anche mio marito ha accusato il colpo, anche se ha fatto l’impossibile per cercare di tirarmi su il morale, quando dentro stava malissimo. Poi abbiamo preso la decisione di cercare seriamente un figlio, ci sentivamo pronti ed eravamo determinati a provare la gioia di diventare genitori. I mesi pero’ passavano, coi miei cicli irregolari e lunghissimi era una pena arrivare alla fine del ciclo con un clearblue negativo e subito dopo le mestruazioni. La testa vagava tra la paura di non riuscire a procreare e le condizioni di mia madre che inesorabilmente peggioravano. Nella mia testa, l’unica cosa che poteva portare ad una svolta il coma di mia madre era  farla diventare nonna. Erano due pensieri indissolubili e per 11 mesi mi sono sentita una fallita perchè non riuscivo a rimanere incinta. E tutte intorno a me mi annunciavano gravidanze, colleghe, amiche….tutte senza alcun tipo di problemi e io immersa tra stick, termometri e siti internet specializzati sull’argomento.

A maggio 2012 però mia madre peggiora rapidamente, le sue vene sono diventate di carta velina, è stanca e si vede dai suoi occhi, l’unico mezzo con cui mi pareva di riuscire a raggiungerla e la notte del 23, dopo diverse ore di agonia, mi lascia sola. Lei è diventata un angelo, non era più legata a tubi per nutrirsi o per respirare, ora aveva un paio d’ali ed era libera di andarsene dal ricovero, da quel luogo di dolore. Non ho pianto per questo, o almeno ho pianto molto poco, di lacrime ne avevo versate in precedenza, mentre inconsciamente realizzavo che l’avrei persa senza più poter parlare con lei, niente più discussioni e sigarette riappacificatorie, niente ricco ereditiero texano che l’avrebbe sposata, niente viaggio in Australia insieme a vedere i canguri, niente più lei che mi diceva che eravamo rimaste solo io e lei della famiglia e che dovevamo fare fronte unito e niente nipote, proprio come diceva lei. Non sapeva che sarebbe morta così giovane.

Eravamo rimaste sole sì, ma al suo funerale vennero tante persone, che non stavano nemmeno in chiesa.

Quel mese e nei giorni successivi ovviamente pensavo a tutt’altro, purtroppo la morte di una persona si trascina per i parenti anche tempo dopo la morte effettiva, ad esempio quando la burocrazia gira il coltello nella piaga più e più volte. Però il fatto di sapere che non soffriva più mi alleggeriva il cuore, è brutto da dire, ma quando parlavo della morte di mia madre lo facevo con tenerezza pensando che non soffriva più e che era libera. Che magari stava con mio padre e con i nonni ed erano sereni, e lo sarebbero stati di più vedendo che andavo avanti.

Non sentivo nemmeno più l’impulso di svegliarmi la mattina e controllarmi, ma con mio marito avevamo rapporti solo quando avevamo voglia. Poi è arrivato un mattino, il 7 di luglio e la sensazione di rigetto verso il latte coi biscotti. Al pomeriggio faccio un test. Positivo. Io e mio marito rimaniamo calmi e aspettiamo l’esito delle beta avendo già subito uno smacco. 342 le prime e più di 800 le seconde a due giorni di distanza. O questo bimbo era fortemente determinato ad attaccarsi o erano 2 gemelli.

Sentivamo che potevamo permetterci un timido salto di gioia. E invece all’ottava settimana di nuovo perdite, di nuovo. Corsa al pronto soccorso questa volta vediamo un piccolo fagiolino scalpitante. Il cuore batteva all’impazzata, ma di fianco una macchia grande il doppio di lui incombeva, distacco in atto. Comincio a pensare a cosa avevo fatto per causare questo distacco. Jeans stretti, l’auto, le scale, il cane, lo stress….tutti mi dicono che succede spesso, ma io mi sento enormemente responsabile e prego, prego mia mamma di non lasciarmi sola.

Vado dal mio ginecologo del consultorio e mi sento dire che devo aspettare, se devo perderlo lo perderò purtroppo capita. Posso capire questo discorso nel primo caso, quando non si vedeva nemmeno uno straccio di camera gestazionale, ma con un embrione vivo, con un cuore che si faceva sentire in quella maniera e quelle beta che io leggevo come un tentativo di dire “Ci sono e voglio vivere!!!”, no, non lo potevo accettare.

Cambiai ginecologo e andai da una dottoressa privata che devo ringraziare con tutta me stessa. Progefikk e 6 settimane a riposo. Ma alla fine del primo trimestre l’embrione combattivo c’era ed era una lei, la mia piccola Aurora. Le ho dato questo nome perché lei è la luce della mia rinascita. E’ nata il 4 aprile 2013, ariete (e ci sta tutto, lo ha dimostrato fin dal principio di essere una “capa tosta”) e quando la vedo o quando altri conoscenti la guardano il primo commento è che assomiglia tremendamente a mia madre, non solo come fisionomia, ma come espressioni. E’ vero e sono convinta che mia madre da lassù mi abbia mandato questo angelo perché eravamo rimaste io e lei e dovevamo fare fronte unito. Non poteva lasciarmi sola e ora la mia cucciola riempie la mia vita e mi rende felice come non mai.

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