Social Freezing, Bianca Balti e non solo: sono più numerose le donne che decidono di congelare gli ovuli

La maggior parte sono pazienti oncologiche che prima di sottoporsi a terapie dannose per la fertilità, scelgono la crioconservazione ovocitaria per preservare la possibilità di diventare mamme quando staranno meglio. Ma non solo.

In Italia sempre più giovani donne, soprattutto dopo la pandemia, decidono di congelare i propri ovuli in attesa del momento più adatto per avere un bambino. La maggior parte sono pazienti oncologiche che prima di sottoporsi a terapie dannose per la fertilità, scelgono la crioconservazione ovocitaria per preservare la possibilità di diventare mamme quando staranno meglio. Ci sono però anche giovani donne che non hanno ancora trovato il partner giusto oppure hanno, per il momento, altre priorità, ma non vogliono per questo precludersi la maternità. In questo caso parliamo di social freezing.

Anche la top model Bianca Balti ha dichiarato di aver congelato i suoi ovociti in modo da poterli utilizzare in futuro quando e se deciderà di avere un altro figlio (è già madre di due bambine). Eppure nel nostro Paese il social freezing è molto meno diffuso che altrove, probabilmente per scarsa conoscenza del tema ma anche per un aspetto socio-economico che non va sottovalutato. Il costo del trattamento, infatti, si aggira ai 3000 euro, ai quali si aggiungono i costi per la conservazione degli ovociti congelati fino al momento in cui saranno utilizzati. Insomma non esattamente bruscolini per una giovane donna di circa 30 anni (questa sarebbe infatti l’età ideale per il trattamento), che spesso in Italia si appresta ad entrare nel mondo del lavoro o comunque non ha ancora un’indipendenza economica. «La preservazione della fertilità è rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale solo per le pazienti oncologiche -spiega il dottor Alberto Vaiarelli, Segretario della Società Italiana di Fertilità e Sterilità e Medicina della Riproduzione
(SIFES-MR).– il congelamento per ragioni sociali, detto “ social freezing”, è ancora limitato nel nostro paese per ragioni culturali, ma non solo: questo aspetto meriterebbe sicuramente un’attenzione particolare, soprattutto in un Paese come il nostro dove il problema della natalità è sempre più preoccupante. Diffondere le conoscenze in merito a tale possibilità fra le giovani donne che non hanno ancora un progetto genitoriale potrebbe essere una valida strategia per tutelare il loro futuro potenziale riproduttivo, ma è anche un beneficio per una società nella quale diminuisce sempre di più il numero medio di bambini per coppia, come anche l’età delle donne alla prima gravidanza».

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