La malattia è dovuta a un’alterazione del metabolismo che ha conseguenze negative sull’ovulazione. Ci sono però strategie per tenere a bada i sintomi e avere figli
Il nome deriva dalla prima descrizione della malattia fatta quasi 100 anni fa ed è dovuto alla comparsa delle ovaie con follicoli multipli di dimensioni leggermente più grandi del solito, ma non sono cisti e tanto meno tumori. Quando arriva la diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico le incertezze delle donne sono ancora molte e le informazioni ancora spesso confuse. Per questo si è deciso di dedicare, a livello internazionale, il mese di settembre alla sensibilizzazione su questo disturbo riproduttivo che colpisce tra l’8% e il 13% delle donne. «A molte persone, ad esempio, non sa che non ha origine nelle ovaie, ma si tratta di un una malattia metabolica che colpisce anche le ovaie attraverso la mancanza di ovulazione e, di conseguenza, può causare infertilità – spiega Daniela Galliano, specialista in Ostetricia, Ginecologia e Medicina della Riproduzione, responsabile del centro Procreazione Medica Assistita IVI di Roma -. La causa però è un’alterazione globale del metabolismo, con un ruolo molto importante nell’eccessiva produzione di insulina».
Diagnosticare in fretta e curare
La sindrome dell’ovaio policistico è caratterizzata dalla presenza di alcuni sintomi come amenorrea (assenza di mestruazioni), irsutismo, obesità e ovaio multifollicolare. A volte è anche associata a un maggior rischio di sviluppare diabete, intolleranza al glucosio e a un incremento generalizzato del rischio cardiovascolare. «La diagnosi tempestiva è fondamentale per affrontarne i sintomi, migliorare la qualità della vita e identificare problemi di fertilità…