Oggi per la rubrica #oltrelestorie incontriamo Paola Strocchio, giornalista e autrice dei libri “Il vuoto dentro. Mai mamma con la pancia” e “Appunti di viaggio. Come siamo diventati genitori di un bambino nato a 10.000 chilometri da noi” entrambi editi da Bradipolibri, che trattano dell’esperienza dell’endometriosi e del viaggio per adottare un bambino.
Ciao Paola, nel tuo libro “Il vuoto dentro. Mai mamma con la pancia” parli della dolorosa esperienza dell’endometriosi. Come hai vissuto la scoperta della malattia e affrontato le sue difficili conseguenze?
La scoperta della malattia è stata come un fulmine a ciel sereno. Non la conoscevo, e mi sono sentita sola. Caratterialmente tendo a esternare il mio sentire, e non ne ho fatto mistero con nessuno. Parlare di endometriosi era un modo come un altro per divulgare la conoscenza di una malattia che poco più di dieci anni fa non era così conosciuta. Spesso però ho avuto l’impressione che «la gente», nemmeno le persone a me più care, riuscisse a comprendere davvero come mi sentivo, sia fisicamente sia psicologicamente.
Quali sono state le emozioni predominanti quando hai realizzato che non avresti potuto avere figli?
In realtà non ho mai pensato che non avrei avuto figli. Ero molto arrabbiata perché la strada «più semplice» per diventare madre mi era stata ostruita, e per sempre. Ma una volta elaborato il famoso lutto della sterilità, che ho scoperto esistere davvero, il mio percorso di vita è stato in discesa.
Nel tuo libro “Appunti di viaggio. Come siamo diventati genitori di un bambino nato a 10.000 chilometri da noi” racconti dell’adozione del tuo bambino. Come descriveresti il percorso che ti ha portato al raggiungimento della tanto desiderata maternità?
L’adozione di mio figlio è la cosa più bella che mi sia mai capitata. È stato un percorso a ostacoli, ma ce l’abbiamo fatta. E la gioia, al traguardo – che in realtà è poi soltanto un nuovo punto di partenza – è davvero indescrivibile, perché con le parole rischierei di sminuirla o di non renderle giustizia.
Quale consiglio daresti alle coppie che stanno pensando di intraprendere la strada dell’adozione?
Credo che la genitorialità sia un qualcosa di molto intimo. Non esistono manuali del perfetto genitore. L’unico consiglio che mi sento di dare a tutti coloro che si avvicinano all’adozione è quello di essere loro stessi. Di guardarsi davvero dentro e di interrogarsi profondamente su quelle che sono le motivazioni che portano loro davanti a un giudice. Dico loro di imparare a convivere con i fantasmi del passato, di non cercare nel figlio che verrà quello che magari avevano sognato. L’adozione è il diritto di ogni bambino ad avere una famiglia, non quello di un adulto a diventare genitore. Solo così, sposando il desiderio di genitorialità ai bisogni di un bambino, si potrà diventare famiglia.