La Regina della Malesia si è sottoposta a 16 cicli di PMA per diventare madre

Regina della Malesia, 16 PMA prima di avere il primo figlio. La sovrana racconta apertamente la sua esperienza di fecondazione in vitro

Sulla fecondazione assistita ci sono ancora molti tabù: anche se le cose stanno un po’ cambiando, non è semplice per le coppie e soprattutto per le donne ammettere di aver fatto ricorso a tecniche di laboratorio per avere figli. Proprio per questo la regina della Malesia, Azizah, ha parlato alle sue suddite col cuore in mano. 

Oggi Azizah ha sessantuno anni e ben sei figli, ma non è stato tutto facile per lei. Quando lei e il marito, il re Abdullah, hanno deciso di avere il primo figlio non ci riuscivano a concepirlo. Ci sono voluti ben sedici cicli di fecondazione in vitro per raggiungere l’obiettivo. Solo al diciassettesimo, infatti, i futuri sovrani malesiani hanno finalmente coronato il loro sogno di avere un bambino. 

La regina, salita al trono soltanto nel 2019 insieme al marito dopo che il predecessore aveva abdicato per poter sposare una giovane modella straniera, ha preso sul serio il suo ruolo di sovrana e ha deciso di sfatare un tabù che è ben radicato ovunque, ma forse in Asia ancora di più, dato che nella cultura asiatica non si è soliti parlare dei dettagli della propria vita privata.

Parlare di PMA aiuta le altre donne

L’impegno della regina malesiana, che dopo il primo ha avuto ben cinque altri figli, è iniziato già molti anni fa, quando ancora non era sovrana. Nel 2004 ha fondato la Tunku Azizah Fertility Foundation, che ha come scopo raccogliere fondi proprio per aiutare le coppie con minori possibilità economiche ad affrontare un percorso di fecondazione assistita

È importante iniziare a parlare di procreazione medicalmente assistita come di un processo normale del concepimento: i problemi di fertilità sono sempre più ricorrenti e le coppie che fanno ricorso a tecniche di PMA sempre più numerose. Oltre ai forum e ai gruppi sui social, nascono profili da seguire di coppie e donne che si sottopongono a percorsi lunghi e sfiancanti, che hanno lo scopo non soltanto di informare ma anche di sostenere, condividere, normalizzare. È il caso per esempio di Marie Hazet, che dalla Francia ha fondato Sur le FIV, un account, ma anche un podcast, dedicato al suo percorso di Fivet.

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