Ciò che non tutti sanno è che quando una donna ha un figlio, quella donna è un’altra persona.
Mettete da parte la narrazione patinata delle donne famose, duchesse e non, che entrano dalle cliniche con i pancioni e ne escono quasi piatte e sorridenti con il fagotto in braccio. Dimenticate le immagini da favola o il perfettismo ostentato sui social, le foto in posa attaccate con il nastro adesivo nei vecchi album di famiglia. E pensate alle donne normali, quelle che vi circondano. Quelle che incontrate la mattina sul tram, quelle che si truccano in ascensore o in macchina, al semaforo. Quelle che la sera, nonostante abbiano archiviato i venti da tempo, spesso dimenticano di struccarsi per la stanchezza e la mattina si maledicono guardando la scia del rimmel sulla federa del cuscino. Quelle che hanno un lavoro, una vita, un hobby, un amore e a un certo punto hanno anche dei figli e cercano di tenere assieme tutto.
«Comincia in loro — scriveva Natalia Ginzburg — una nuova specie di tristezza che è fatta di fatica e di paura e c’è sempre anche nelle donne più sane e tranquille. È la paura che il bambino s’ammali o è la paura di non avere denaro abbastanza per comperare tutto quello che serve al bambino… è il senso di non poter più scrivere o di non poter più dipingere come prima… è il senso di non poter disporre della propria vita, è l’affanno di doversi difendere dalla malattia e dalla morte perché la salute e la vita di una donna è necessaria al suo bambino». E no, non c’entra niente la depressione post partum. Ciò che non tutti sanno è che quando una donna ha un figlio, a cambiare, oltre alla sua vita, è anche il suo cervello.
La materia grigia
Elseline Hoekzema e Erika Barba-Müller, psicologhe dell’Università Autonoma di Barcellona, hanno pubblicato uno studio sulla rivista Nature Neuroscience. Insieme a un gruppo di ricercatori dell’Università di Leiden in Olanda, hanno esaminato il cervello di 25 donne in tre momenti precisi: subito prima che rimanessero incinte, a poche settimane dal parto e poi dopo alcuni mesi. Stesso esame eseguito, per controllo, anche a 19 uomini che diventavano padri per la prima volta e a 17 uomini e 20 donne senza figli. Il risultato? Mentre in uomini e donne senza figli e nei neopapà non sono stati osservati cambiamenti particolari, nel caso delle neomamme il cervello aveva subito variazioni notevoli tra il prima e il dopo la gravidanza, con una riduzione della materia grigia. «Non significa che diventiamo più tonte — spiega Silvia Dalvit, neuroscienziata, fondatrice di Baby Brains e cofondatrice di Parto Positivo insieme a Cecilia Antolini — anzi, nel cervello delle mamme avviene una potatura sinaptica simile a quella degli adolescenti.
Con l’affinamento e la specializzazione dei circuiti neurali critici per lo sviluppo cognitivo, emozionale e sociale. Cambiano la linea mediana anteriore e posteriore, la corteccia prefrontale laterale (destra e sinistra) e la corteccia temporale (destra e sinistra) del cervello. È come se il nostro corpo si preparasse a confrontarsi con il neonato, a mettersi in connessione con lui, a sviluppare delle competenze che poi serviranno anche dopo la crescita del bambino. In pratica il nostro cervello — aggiunge Dalvit — grazie anche all’ossitocina, toglie di mezzo tutte le connessioni che non servono e rende più efficaci quelle più utili per il rapporto con il neonato.
C’è un affinamento delle abilità della madre nel riconoscere i bisogni del piccolo, una facilitazione nel riconoscere segnali di pericolo dall’esterno, il cervello si prepara al bonding, la promozione del legame madre-figlio, e a diminuire le ostilità verso il neonato».