A stabilirlo la Cassazione che si è espressa sul caso di una donna che con il consenso del marito defunto aveva dato alla luce una bambina e aveva chiesto al comune di riconoscerla come figlia legittima.
Sono legittimi i figli nati con procreazione medicalmente assistita anche quando la fecondazione è avvenuta “post mortem” – una tecnica vietata in Italia dalla legge 40 – con il seme crioconservato del padre, se prima di morire questi ha dato il proprio consenso insieme alla moglie. L’atto di nascita deve riconoscere la paternità e ai bambini va attribuito il cognome paterno. Lo afferma, in un principio di diritto, la Cassazione. La suprema corte ha deciso in favore di una donna, in causa con il proprio comune di residenza, che si è rifiutato di registrare la paternità e, conseguentemente, di attribuire il cognome del padre alla sua bambina, nata dopo la morte del marito.
Risolvendo un ‘dilemma’ giuridico ha rinviato a un nuovo appello, stabilendo però già nella sentenza n. 13000 della prima sezione civile, “di rettificare un atto non compilato correttamente”. La donna si era sottoposta alla fecondazione in Spagna, dove è consentita anche post mortem, potendo contare sul consenso del marito.