Un aiuto per i ragazzini che si ammalano e che non avrebbero la possibilità di diventare genitori da adulti. Interventi pionieristici anche sulle bambine di due anni. Le novità dal settimo congresso di Medicina riproduttiva organizzato da Ivi, l’Istituto valenciano di infertilità, a Bilbao.
BILBAO – Alla medicina della procreazione si chiede sempre di più l’impossibile. Bloccare, congelare il tempo che passa. Ma è una richiesta – appunto – impossibile. Se il tempo non si può fermare, si può però preservare la fertilità congelando gli ovociti, e dando qualche chance in più di poter tentare una gravidanza successivamente. Dietro al congelamento ci sono tante e diverse motivazioni: ci sono le donne che a 30 anni sono ancora precarie e non riescono a pensare ad un figlio, ci sono quelle che non hanno un compagno, e ancora quelle che stanno per sottoporsi a cure che potrebbero compromettere e danneggiare la loro fertilità futura. Congelare è un po’ mettere in banca una parte di sè – ovociti o tessuto ovarico – sperando di poterla riutilizzare in futuro.
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