Nascere al tempo del coronavirus è un’impresa speciale. Tra corsi pre-parto da remoto, tamponi a scadenze fisse e visite vietate a parenti e amici, è andata per aria tutta una tradizione di riti di accompagnamento della mamma e di accoglienza del neonato.
«Quando è iniziata l’epidemia, abbiamo saputo che ai padri non era più permesso entrare in ospedale, e l’idea di non poter essere lì con Samanta mi metteva molto in ansia», racconta Lorenzo, che in pieno lockdown è diventato papà di Alice ed Emma. «Poi ci hanno parlato dell’ospedale di Bagno a Ripoli, abbiamo preso contatto con loro e ci siamo rassicurati». Durante il lockdown, la procedura standard teneva i padri del tutto fuori dall’ospedale: al momento del parto accompagnavano la compagna in accettazione e dopo quattro o cinque giorni andavano a riprendere lei e il neonato. Regole così strette da provocare un aumento delle richieste di partorire a domicilio.