Antonia è la serie che tutti dovrebbero vedere per capire (davvero) il calvario dell’endometriosi

Una panoramica ironica e veritiera su questa malattia invalidante femminile. Chi ne soffre non deve convivere solo con dolori lancinanti ma anche con diagnosi latitanti, medici sprezzanti, interventi menomanti, pre(giudizi), discriminazioni, mobbing…

Antonia, la miniserie ora su Prime Video, è un dramedy incentrato su un male debilitante. La protagonista, all’età di 33 anni, scopre di avere l’endometriosimalattia cronica invalidante femminile spesso diagnosticata solo dopo molti anni di danni e patimenti. È necessariamente un dramedy, perché se i toni fossero più cupi – se mostrasse crudamente i dolori lancinanti, l’impossibilità di avere figli, i ricoveri che si susseguono, la solitudine, l’incomprensione e le umiliazioni, non la guarderebbe nessuno fino alla fine. In una realtà dove la ricerca su questa patologia ginecologica è estremamente sottofinanziata (“contiamo fondi dedicati di duecento volte inferiori rispetto ad altre malattie croniche” segnala Signorile della Fondazione italiana endometriosi) e dove i trial clinici made in Usa sui farmaci non hanno mai incluso donne fino al 1997, è evidente che delle malattie femminili interessa poco a nessunoAntonia segue una fase della vita della sua eroina, attrice in cerca di affermazione, raccontando la sua vita privata e professionale, mentre si avventura per la prima volta nei misteri di una malattia di cui non sapeva nulla ma che le ha silenziosamente condizionato l’esistenza. Non va oltre la parte iniziale del percorso, non vedremo Antonia moribonda, scucita, ricucita e menomata, ma possiamo rallegrarci che almeno di endometriosi si parli. Purché se ne parli, anche se attraverso una serie dai toni leggeri o le influencer. Anche se il rischio è che averla diventi come essere curvy, una moda. Chi ne soffre non sbandiererà di esserne orgogliosa, come le curvy che si vantano delle loro forme e di fregarsene delle diete e del fatshaming, ma usano il termine “curvy” anche se sono squadrate come un baule perché si vergognano della parola “grassa”. Perché non c’è niente di bello o positivo nell’endometriosi.

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