Alla ricerca della fertilità perduta

A Malaga scienziati di tutto il mondo si sono confrontati sul futuro della medicina riproduttiva. In primo piano: l’Intelligenza Artificiale applicata a tutti i livelli e tecniche sempre più sicure per avere un figlio. Le percentuali di successo sono in salita

Una persona su 6, nel mondo, soffre di infertilità. Lo rivela l’Organizzazione Mondiale della Sanità in un rapporto pubblicato poche settimane fa, il primo realizzato nell’ultimo decennio. Un problema che riguarda in pratica il 17,5% della popolazione adulta globale: milioni di persone per cui il percorso verso la genitorialità risulta difficile, se non addirittura impossibile.
Sul trattamento dell’infertilità, la ricerca medico-scientifica ha compiuto in questi anni progressi significativi ed è oggi in grado di offrire tecniche innovative e risposte efficaci. Tra le cause che determinano questa difficoltà di procreazione, soprattutto nei Paesi ad alto reddito, c’è l’età in cui le donne decidono di avere un bambino, sempre più al limite del tempo massimo consentito dell’orologio biologico, che determina un progressivo calo del potenziale riproduttivo già a partire dai 35 anni. Un fattore che i medici non possono cambiare, ma che stanno cercando di affrontare con metodi e strategie per preservare e ottimizzare al massimo il tempo della fertilità.

I risultati delle più recenti ricerche sulla riproduzione medicalmente assistita, le tecnologie più innovative, così come alcune affascinanti prospettive sul futuro della scienza della riproduzione, sono stati il tema centrale della decima edizione del congresso scientifico IVIRMA, fra i cinque principali appuntamenti mondiali di medicina riproduttiva, organizzato a Malaga da uno dei gruppi di Riproduzione Assistita più all’avanguardia nel mondo. «Dieci anni fa eravamo ossessionati dalle percentuali di successo dell’impianto embrionale e dalla selezione dei migliori embrioni», dice Juan Antonio García Velasco, direttore scientifico di IVIRMA. «Oggi sappiamo come farlo. E ciò che desideriamo è riuscire a essere il più possibile precisi: vogliamo fare diagnosi accurate e più specifiche, accorciare al massimo i tempi dei trattamenti previsti per i pazienti e quelli per ottenere una gravidanza; vogliamo anche migliorare la diagnosi embrionale dal punto di vista genetico, evitando la trasmissione di malattie e selezionando gli embrioni con il minor rischio di aborto. Attualmente, quando si impianta un embrione, si può essere precisi al 60-70% e il sogno sarebbe quello di poter raggiungere il 100%: un bambino nato per ciascun embrione».

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