A 37 anni contro ogni aspettativa sono diventata madre. Biologicamente ero già in declino, invece, quasi subito, con una gravidanza perfetta, è nato Mario. Tra mille preoccupazioni e angoscie derivanti dall’essere genitori, non abbiamo pensato a fare subito il secondo figlio. Era un desiderio nascosto tra le righe e mentre mi prendevano per egoista perché non regalavo un fratello o una sorella al bambino, dentro di me si faceva strada l’idea che un secondo avrebbe tolto spazio all’altro e così ho aspettato, fino a che non sono rimasta incinta e la mia vita si è colorata di rosa. Ero pronta. Ma dopo 5 settimane il sogno si era spezzato. Abbiamo iniziato il calvario: pillole su pillole per aumentare la fertilità, pomate, posizioni varie, controlli della cervice…e dopo un anno, abbiamo preso la decisione di cominciare un percorso di fecondazione assistita. Analisi, visite, il mio corpo sempre esposto, le mie vene martoriate: è tutto ok, ma dopo due ICSI in cui nonostante la ragione mi tenga a terra perché sono vecchia (43-44 anni), il cuore vola alto e spera, inutilmente, perché nel giorno della beta arriva il maledetto ciclo e anche se so che poteva succedere, la realtà è che sono sola con me stessa e un dolore che fa sempre più fatica ad andarsene. Dopo due ICSI, mi sento di dire basta, dovevo pensarci prima eppure passano i giorni e mi dico che un altro tentativo sarebbe logico. Ma in questo viaggio non c’è logica: c’è solo un cumulo di emozioni stropicciate che lottano tra loro, tra dire e fare, con un corpo sempre più nudo e messo a servizio di una scienza che nulla può contro un declino inesorabile…