Come si può diventare genitori dopo le cure oncologiche? Su come conservare la fertilità risponde la dottoressa Daniela Galliano del centro IVI di Roma
Conservare la fertilità dopo una diagnosi di tumore è un tema che coinvolge oggi in Italia circa 100 mila persone tra i 15 e i 39 anni. Una cifra che raccoglie quanti hanno ricevuto la diagnosi e hanno iniziato le cure, ma anche quanti hanno terapie in corso e seguono l’iter quinquennale dei controlli. Sono stime dell’Istituto superiore di Sanità e in molti casi questo percorso si conclude con la guarigione, restituzione alla vita e al futuro dei pazienti. E nel futuro c’è anche il desiderio di diventare genitori.
Perché il tumore minaccia la fertilità
«Nelle donne chemioterapia e radioterapia possono provocare la riduzione naturale del numero degli ovociti e la cessazione della relativa maturazione. Inoltre, la riduzione della qualità degli ovuli e l’insufficienza ovarica precoce, con la cessazione della funzione riproduttiva e ormonale. Nell’uomo questo tipo di trattamenti può provocare patologia dei testicoli, cessazione o diminuzione della produzione di spermatozoi. Oltre che calo della libido e della quantità dello sperma» spiega Daniela Galliano ginecologa ed esperta di medicina della riproduzione, responsabile del Centro PMA IVI di Roma.
Conservare la fertilità: quando agire
Nel momento drammatico in cui viene diagnosticato il tumore inizia una lotta contro il tempo. Avviare le cure per contrastarlo è la priorità del paziente e anche dei medici che se ne prendono carico. Conservare la fertilità passa in secondo piano, quando ci si sente a lottare per la vita. «Ma in moltissimi casi avviare un percorso di stimolazione ovarica non ostacola l’efficacia della cura del tumore. Invece, non affrontare subito il problema della conservazione della fertilità può pregiudicare in modo irreparabile le chance di procreare» dice Galliano.