Il 30 per cento dei casi di infertilità dipende dagli uomini, ecco perché è ora di parlarne
Imparano a pronunciare parole come oligoastenozoospermia senza inciampare con la lingua sui denti. Ma fuori di casa non trovano le parole per raccontare la loro esperienza di uomini infertili. Persino sui forum online si fa fatica a trovarli.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, si può parlare di infertilità solo dopo due anni di tentativi. Il problema riguarderebbe il 15 per cento delle coppie. Ma quando si cerca di capire le percentuali fra cause femminili e maschili i dati si fanno più confusi. Secondo l’Istituto superiore di sanità i casi di infertilità nell’uomo sono il 29,3 per cento, contro il 37,1 per le donne, mentre nel 17,6 per cento la difficoltà starebbe da entrambe le parti. Ma poi c’è uno 0,9 per cento di fattori generici e un 15,1 per cento cosiddetto “sine causa”. Una definizione senza senso secondo Pasquale Scarano, andrologo dell’ospedale di Rimini che, negli anni, si è occupato di centinaia di coppie. «Una causa esiste sempre», dice. «Troppo spesso si arriva alla procreazione medicalmente assistita senza aver esaminato anche le condizioni fisiche del maschio. Le coppie in Italia che riescono ad avere un bambino in questo modo sono solo il 13,5 per cento, eppure non si va mai a indagare le ragioni dei fallimenti. Solo dopo diversi tentativi andati a vuoto ci si comincia a fare delle domande: “E se fosse lui? O anche lui?”».
La maggior parte degli uomini che ha problemi di infertilità non parla, si nasconde. Su tutti i forum, i siti dedicati, come Parole fertili, a esporsi sono le donne. Che si tratti ancora di un tabù lo raccontano, al posto loro, quelli che invece hanno realizzato che non c’è niente di cui vergognarsi. Come Maurizio di Oristano, della onlus L’altra cicogna: «Solo l’idea di fare l’analisi dello sperma a molti dà fastidio, hanno paura di sentirsi dire che il problema sono loro. Io mi sono sottoposto a decine di esami, visite. Tanti si arrendono prima».