Gli embrioni considerati “abbandonati” lasciati nei centri di procreazione assistita sono moltissimi in Italia, ma non possono essere utilizzati in nessun modo. Manca ancora una legge che li renda disponibili per un’adozione o per la ricerca scientifica.
Si chiama Molly Gibson ed è la bimba nata ad ottobre scorso negli Stati Uniti grazie all’adozione di un embrione da parte di una coppia infertile. I signori Gibson, infatti, dopo aver sperimentato le loro difficoltà procreative, decidono di rivolgersi ad una onlus cristiana, la Nedc (National Embryo Donation Center), che conserva gli embrioni congelati, donati da coppie che seguono un percorso di procreazione assistita e che alla fine decidono di non utilizzare.
In Italia tutto questo, ad oggi, non sarebbe possibile: parlare di “abbandono” di embrioni e quindi di successiva possibilità di “adozione” è infatti fuorviante, oltre che non previsto dalla legge. Si può adottare un bambino abbandonato, un bambino nato, ma non un embrione. Contrariamente a quanto accade negli Stati Uniti, il nostro codice civile, infatti, non riconosce l’entità “embrione” e stabilisce che “la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”.