Non è umano soffrire tanto

Mio marito e io siamo sposati dal 2011 e dopo un paio d’anni abbiamo iniziato a cercare di avere un figlio, dopo qualche mese sono rimasta incinta e già pensavo al nome, ma poi perdite, corsa in ospedale e raschiamento. Una discesa all’inferno ripetutasi sei volte, e l’ultima, due giorni fa, ho supplicato il medico di darmi una alternativa alla sala operatoria, nel mezzo ci sono state infinite visite e infinite analisi, due operazioni e un figlio, perché un miracolo c’è stato, ma poi è tornato il dolore e il medico dell’ospedale, sempre diverso, che ogni volta chiede: ma perché non fa accertamenti. Ci eravamo rivolti ad un centro per la PMA ma poi la gravidanza era arrivata spontanea, per poi finire nel sangue alle 5 di domenica mattina all’11ma settimana. E ogni volta il dolore è più forte, specie se si attende in una stanza vuota sentendo piangere dei neonati, ci si chiede perché di nuovo, perché sui media non facciano altro che sbandierare pancioni e neonati. Vorrei tanto che capissero, non possono comprenderlo, il dolore di chi aspettava il pancione e si è trovata a dover firmare per far seppellire dall’ospedale i resti, non ho avuto nemmeno il coraggio di dirlo a mio marito. Mi sento una donna rotta dentro, con qualcosa che non funziona, mentre tutto il resto del mondo va avanti e le pance delle altre crescono la mia è di nuovo vuota, e io vorrei tanto riprovare a riempirla, ma i cocci che mi sono rimasti dentro sono taglienti, e fanno male ad ogni respiro. #UnaStoriaUnLibro

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