“Avrà gli occhi come il mare” è la storia di una donna affetta da poli abortività che, per otto lunghi anni, si annienta pur di avere un figlio, nonostante le previsioni negative ed il parere contrario di chi la circonda. E’ una storia di sconfitte e di rinascite, di speranze e delusioni ma, soprattutto, di quella determinazione e quella tenacia tipiche di noi donne che ci consente, spesso, di superare i numerosi ostacoli che incontriamo nel nostro percorso di vita.
Ricordo che, mentre soffrivo per l’ennesimo aborto, mi è mancava la testimonianza vera di qualcuna che ce l’avesse fatta ed è per questo che mi piacerebbe regalare, a tutte le donne che si trovano a dover affrontare le stesse difficoltà, la mia storia, anche per condividere e legittimare il dolore dell’interruzione spontanea di gravidanza che, spesso, viene considerato un dolore minore.
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La prima ecografia rivela impietosamente a Ines e Marco che il battito del bambino non c’è mai stato.
Inizia per loro una dolorosa odissea di nuove gravidanze, aborti spontanei e pellegrinaggi da un medico all’altro.
Ines si sottopone ad ogni terapia anche contro il parere di Marco, che fatica a riconoscere in lei la donna che ha sposato ma che non può non assecondarla. Pensando a se stessa come a una donna a metà, Ines si annulla pur di avere un figlio, a volte mettendo a rischio l’unione con Marco.
Una storia d’amore, di dolore ma anche di speranza, dove il lieto fine non è scontato ma sicuramente auspicato da tutti coloro che si commuoveranno nel leggerla.
Una storia che, tra tutti i colori dell’arcobaleno, sceglie di tingersi di azzurro. Proprio come il mare.
Prologo
«Mi spiace, non c’è battito, la camera gestazionale è
vuota.»
La frase risuonò nell’aria come un’eco e l’ultima parola
la colpì con la violenza di uno schiaffo.
“Vuota…” Ines non capiva, non sentiva, non voleva
ascoltare. Dov’era finito il suo bambino? Perché non c’era
più? E soprattutto… quando era accaduto?
Quelle parole, in un solo istante, ebbero lo stesso effetto
di una coltellata al cuore e riuscirono a far svanire tutti i
progetti fatti fino a quel momento. Il dolore, sordo e violento,
aumentava sempre più, a mano a mano che si rendeva
conto di non poter fare nulla. Pensò a come potesse essere
accaduto e milioni di pensieri entrarono nella sua testa tutti
insieme.
«Mi spiace» proseguì il ginecologo, «ma purtroppo la
gravidanza si è fermata. È come se si fosse formato il nido,
ma non il bimbo a cui il nido era destinato, riesco a spiegarmi?»
«Ines, amore, ti prego parla, di’ qualcosa…» Marco, per
quanto sconvolto, cercava di darle sostegno.
Lei avvertiva i suoni, sentiva le persone parlare, ma non
percepiva alcun significato. La luce, i rumori, gli odori, tutto
si era spento, perché si erano spenti i suoi occhi, il suo
cuore, il suo bimbo. Lei.
Che importanza avevano, in quel momento, gli inutili
tentativi, da parte del medico, di spiegarle scientificamente
l’accaduto? A cosa serviva sottolinearle la differenza esistente
fra camera gestazionale ed embrione e tentare di convincerla
che quel bimbo, in realtà, non si era mai formato?
A nulla. Perché lei, da quando aveva visto apparire quella
flebile linea rosa sul test di gravidanza, quel bimbo lo
aveva immaginato, sognato, desiderato e amato più di se
stessa.
Estratto dal libro “Avrà gli occhi come il mare”