L’amore era arrivato tardi nella mia vita. E c’era stato pure un ripensamento. Io avevo capito che fosse LUI fin da subito, per lui non era stata la stessa cosa. Ma un anno dopo anche le idee del mio compagno si erano schiarite e la nostra relazione aveva preso il volo. Io avevo 44 anni, lui 49. In pochi mesi la nostra storia si era evoluta, dalla passione si era passati alla convivenza, e poco dopo, per caso, ci eravamo ritrovati a dirci “perche’ no?”sperando che non fosse troppo tardi. E quindi da subito avevamo cominciato a provare, a sperare che quel miracolo si avverasse, ma io sapevo che non sarebbe stato facile, se non addirittura che sarebbe stato impossibile riuscire ad avere un bambino. Dopo tre mesi eravamo dalla mia ginecologa, la quale, in considerazione della nostra eta’, ci consiglio’ di iniziare subito a fare le analisi, per me in primis lo studio della riserva ovarica per capire quali fossero le effettive possibilita’ di concepire. Dopo aver letto gli esiti degli esami, mi consiglio’ di rivolgermi ad una vera eminenza in materia, e cosi’ feci, aspettando pazientemente due mesi per quell’appuntamento in cui avrei capito se e quali possibilita’ ci fossero per la nostra coppia di crescere. Intanto rimbombavano nella mia mente le parole della dottoressa: “finche’ c’e’ ciclo, c’e’ speranza”. E ad ogni ciclo, nonostante la delusione, noi speravamo. In una fredda serata d’inverno, pero’ l’eminente dottore emise il suo verdetto: sterilita’ di primo grado, la mia riserva ovarica si era quasi del tutto esaurita. Lo disse con crudezza, quasi con cattiveria, condendo il tutto con un commento relativo al mio essere in sovrappeso, condizione che secondo lui non mi consentiva di poter affrontare nessun genere di gravidanza. Ma in realta’ soltanto pochi chili mi separavano dal mio peso forma, e sapevo che sarei stata in grado, se solo avessi avuto la motivazione, di perderli per mettermi nelle condizioni di creare la mia famiglia. Dopo esserci asciugati le lacrime a vicenda, il mio compagno ed io decidemmo che non era il caso di piangersi addosso, eravamo gia’ quasi fuori tempo massimo, e non potevamo permetterci di perderne altro. Ci rivolgemmo quindi ad una grossa struttura che aveva un centro per la fertilita’. Fissammo un appuntamento a pagamento, cosa che ci consenti’ di averlo in tempi brevissimi, e “bevemmo” avidamente tutte le indicazioni che ci vennero date. Insieme a quelle, una lista di esami da fare e la scoperta, per noi, di una nuova possibilita’ di procreare: l’ovodonazione. Ci diedero anche delle indicazioni di massima sulle strutture estere che la praticavano, dal momento che in Italia, a causa delle poche donatrici, i tempi di attesa erano lunghissimi e per noi ogni secondo era prezioso. Due mesi dopo avevamo completato tutti gli esami, io ero quasi rientrata nel mio peso forma e nel frattempo avevamo contattato un’organizzazione straniera che ci aveva messo in contatto con diverse cliniche che offrivano questa possibilita’. Riuscimmo a fare il primo colloquio in Italia, quindi trasmettemmo tutti i nostri esami e concordammo modalita’ e tempi del transfer. Poco prima di iniziare a fare le cure preparatorie, un ritardo importante ci fece sperare nell’atteso miracolo, ma ancora una volta il sogno si infranse al comparire dell’ormai amato-odiato ciclo mestruale. Poche settimane prima di partire iniziai a fare le cure, a prendere dosi massicce di ormoni, a preparare tutto il mio corpo ad una possibile gravidanza. Una bellissima e luminosa mattina d’estate arrivammo in una splendida location europea e li’ inizio’ la vera avventura. Gli spermatozoi del mio compagno avevano fecondato gli ovociti di un’anonima donatrice, e il mio corpo da li’ a poco avrebbe accolto quella promessa di vita. Ci consigliarono di impiantarne piu’ di uno, ma non piu’ di due, cosa che facemmo, informandoci anche delle percentuali di successo di questa operazione. C’era almeno una probabilita’ dell’80% che uno dei due embrioni andasse avanti, soltanto il 15-20% che andassero avanti tutti e due. Due settimane dopo feci il test. Ero incinta. Feci le analisi del sangue, le beta erano alle stelle. Con ogni probabilita’ entrambi gli embrioni avevano attecchito. Ero al settimo cielo. La felicita’ pero’ sarebbe stata interrotta da una brutta emorragia, il giorno prima della prima ecografia che avevo fissato. Ero sicura che fosse tutto finito, il mio compagno no. E per fortuna aveva ragione lui. In pronto soccorso feci quell’ecografia che avrei dovuto fare l’indomani e che confermo’ che c’erano due piccoli battiti dentro di me. Adesso dovevo fare la mia parte, stare a riposo e prendere dosi massicce di progesterone. Lo feci. Feci tutto. Presi tutto quello che c’era da prendere, mi privai di tutto quello che poteva nuocermi, diventai una fortezza inespugnabile per quelle due creaturine che crescevano dentro di me. E poco piu’ di otto mesi dopo, con un cesareo eseguito da un’equipe eccellente, misi al mondo le MIE FIGLIE. Le nostre figlie. E ancora adesso, a distanza di mesi, non posso non commuovermi quando i loro sorrisi meravigliosi illuminano le mie giornate.